Da Re Laurino alla ninfa Ondina
L'Alto Adige, con le sue catene montuose, i suoi laghi, i suoi boschi inaccessibili e una incredibile concentrazione di castelli, è da sempre territorio di miti e leggende. Miti e leggende tramandate da generazione in generazione, molto spesso abbandonate nella notte dei tempi, ma in altri casi ancora oggi importanti punti di riferimento per la popolazione, attorno alle quali si sono sviluppati interi villaggi.
Gli amanti di Merano
Una di queste leggende è sicuramente quella dei due giovani innamorati di Merano. Di loro si sa che vissero nel quattordicesimo secolo e che lei, Johanna, era figlia di una ricca famiglia di mercanti, mentre lui, Rudolph, lavorava come semplice garzone trasportando carbone da una parte all’altra della città. I due si conobbero per caso. Mentre lavorava, Rudolph era solito transitare sotto la finestra della casa di Johanna la quale, costretta ad uscire poco di casa, del mondo conosceva soltanto quello che passava sotto la sua abitazione, nel centro della città. Rudolph, completamente annerito dal carbone e affaticato dal duro lavoro, ogni volta che vedeva Johanna le lanciava sguardi ricambiati pieni di ammirazione. Fino a quando, stanca della sua vita, Johanna decise di scappare di casa e correre dietro al suo garzone, il quale, sorpreso, a sua volta decise di lasciare tutto e tutti per andarsene via con lei. Infatti, i ricchi genitori di Johanna non avrebbero mai acconsentito a un fidanzamento della loro unica figlia con un semplice garzone perennemente nero in viso. Ma la fuga durò ben poco. Il padre di Johanna, infatti, scatenò contro Rudolph tutti gli abitanti del paese in una rocambolesca caccia all’uomo, convinto che sua figlia fosse stata rapita. Alla fine, i due ragazzi vennero accerchiati e, guardandosi negli occhi, per scappare alla loro sorte decisero di buttarsi nel fiume Passirio, all’altezza della attuale gola della Gilf, all’incrocio tra le passeggiate d’Inverno e d’Estate. Dei due amanti non se ne seppe più nulla, anche se con la costruzione delle passeggiate alla fine del XIX secolo, in loro ricordo, i fidanzati iniziarono ad incidere nel legno e nella roccia un segno del loro passaggio (come ancora oggi si può vedere), gettando nella gola un sasso con la speranza che, pietra dopo pietra, la gola si sarebbe colmata e loro sarebbero potuti tornare in vita assieme al loro amore. Ma la leggenda dei due innamorati contrastati dai genitori non finisce qui, perché a questo punto è addirittura la scienza ad averci messo lo zampino. Infatti, nel Novecento, alcuni scienziati hanno scoperto che proprio sotto la gola della Gilf passa la profonda cicatrice che divide la placca europea da quella africana, segno di un antico ed epocale scontro tra due continenti che hanno smesso di allontanarsi e da ormai diversi milioni di anni hanno ripreso ad avvicinarsi, forse proprio per aiutare anche loro a far tornare in vita Johanna e Rudolph.
Re Laurino e il suo giardino di rose
Se quella dei due innamorati di Merano è una leggenda poco conosciuta, l’Alto Adige è pieno di leggende molto note, come ad esempio quella di Re Laurino, forse tra le più conosciute, perché legata al Rosengarten (Catinaccio), la montagna che al tramonto si tinge di rosso. Laurino era il Re degli gnomi, in un'epoca e regno nel quale odio e guerra erano inesistenti. Egli possedeva un copricapo e una cintura magica che gli conferiva una incredibile forza. Di fronte al suo castello crescevano rose profumatissime, in un vasto roseto delimitato da un filo d’oro. Un giorno, Laurino si innamorò di Similde, la figlia del Re della Val d’Adige. Teodorico da Verona, Re dei Goti, fu incaricato dal padre di Similde di liberare la figlia rapita. Per Teodorico fu facile trovare Similde. Infatti, egli venne guidato dal bagliore sprigionato dal roseto e, dopo una dura battaglia, fu capace di sconfiggere Laurino. Dalla rabbia, Laurino fece pietrificare il suo bellissimo roseto che però al tramonto ritorna a splendere di quel colore rosso che ancora oggi si può ammirare fin da lontano.
Ondina, la sirena del lago di Carezza
C'è stata un’epoca nella quale maghi e streghe rappresentavano dei veri e propri punti di riferimento per la popolazione altoatesina alla ricerca di risposte nei confronti degli eventi atmosferici e naturali. È questa la storia di Ondina, la bellissima sirena che viveva nel piccolo lago di Carezza. Ondina era solita cantare al passaggio di viaggiatori e curiosi, ma allo stesso tempo era anche molto schiva, tanto da gettarsi nel lago se qualcuno tentava di avvicinarla. Un giorno, davanti al lago passò il mago Masarè il quale, sentendola cantare, non poté che innamorarsene perdutamente. Al suo tentativo, ripetuto nel tempo, di avvicinarla, Ondina rispose sempre nascondendosi nelle profondità del lago. Così, il mago chiese aiuto alla strega Langweda la quale gli consigliò di travestirsi da venditore di gioielli, dipingere un arcobaleno tra i monti del Latemar e del Catinaccio, quindi avvicinare la sirena. Ondina rimase colpita dall’arcobaleno, ma come sempre aveva fatto, alla vista del mago che preso dalla foga si era dimenticato di travestirsi, si rituffò in acqua. A quel punto, Masarè si infuriò tanto da distruggere l'arcobaleno e gettarlo, assieme ai gioielli, nel lago che, appunto, da quel giorno mostra ai tanti turisti quei suoi bellissimi colori che vanno dal verde all'arancione.
Sono queste, tra le tante, alcune delle storie di miti e leggende che accompagnano la storia dell’Alto Adige. Miti e leggende che da sempre accompagnano la vita degli altoatesini e dei tanti turisti che visitano quei luoghi, sempre magici e leggendari.
